PPP di Stefano Laboragine - labo'

Cosi mi desto, ancora una volta: e mi vesto, mi metto al tavolo di lavoro. La luce del sole è già più matura, i venditori ambulanti più lontani, più acre, nei mercati del mondo, il tepore della verdura,
lungo viali dall'inesprimibile profumo, sulle sponde di mari, ai piedi di vulcani, tutto il mondo al lavoro, nella sua epoca futura.
Ma quel qualcosa di "bianco" che a lettere greche mi presentò, irrevocabile, il sogno conoscitore, mi rimane addosso - vestito, al tavolo di lavoro. Membrana, pasta, o calce nelle ciglia, agli angoli degli occhi: il biancore baroccamente friabile, di spugnoso materiale comacino, del sole nel sonno.
Di quel biancore fu il sole vero, furono i muri delle fabbriche, fu la stessa polvere (nei pomeriggi secchi, quando il giorno prima è un poco piovuto) furono gli stracci di lana, le giacchettacce bige e i calzoni sfilacciati degli operai: fu di quella sostanza la calura oppressa dal ricordo di primavere sepolte da secoli in quegli stessi sobborghi o paesi,
- e pronte, Dio! pronte a rinascere, su quei muretti, su quelle strade. Su quei muretti, su quelle strade, imbevuti di strano profumo, asiatico - primule, strame, passaggi di vecchie pecore scure - fiorivano nel tepore i meli, i ciliegi. - E il colore rosso aveva una brunitura, come se fosse immerso in un'aria di caldo temporale, un rosso quasi marrone, ciliege come prugne, pometti come susine: e occhieggiava, quel rosso tra le brune, intense trame del fogliame, calmo, come la primavera non avesse fretta, volesse godersi quel tepore in cui fiatava il mondo, quelle grida di operai, che erano quasi silenzio, solenni e attutite, nel biancore del caos di muretti, marciapiedi di terra fangosa, sagome di fabbriche.
E, su tutto, lo sventolio, l'umile, pigro sventolio delle bandiere rosse. Dio! belle bandiere degli Anni Quaranta! A sventolare una sull'altra, in una folla di tela povera, rosseggiante, un rosso che traspariva violento, con la miseria delle tovaglie, dei copriletti di seta, dei bucati delle famiglie operaie, - ma col fuoco delle ciliege, dei pomi, violetto per l'umidità, sanguigno per un po' di sole che lo colpiva, ardente rosso affastellato e tremante, nella tenerezza eroica d'un'immortale stagione.

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